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VERSO UNA CRITICA DELLA FORMA E DEL TEMPO

  • Immagine del redattore: Federico Babbo
    Federico Babbo
  • 25 feb
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 17 mar














Accogliamo con entusiasmo l’avvento di strumenti tecnologici sempre più accessibili, intuitivi e potenti, capaci di tradurre un gesto in un’idea architettonica con un’immediatezza prima inimmaginabile. Tuttavia, siamo davvero consapevoli del percorso che stiamo tracciando? La rapidità con cui un segno si trasforma in forma d'arte o architettonica sollecita una riflessione cruciale sul rapporto tra intuizione e cultura, ma soprattutto sulla necessità di un timing riflettente. Con questo termine si intende un tempo che, da un lato, permette di ponderare riflessivamente le scelte e, dall’altro, riflette come uno specchio il contenuto del nostro inconscio, rendendo evidente il legame profondo tra intuizione e consapevolezza critica. La creazione, infatti, non può ridursi a un processo impulsivo, svincolato dal tempo necessario per sedimentare e interrogarsi sul significato profondo dell’opera. È in questo intervallo che l’autore esercita una coscienza riflettente, intesa come il ponte tra intuizione e consapevolezza critica. Se nella visione junghiana la riflessione è lo specchio del Sé, qui essa diventa un atto trasformativo: una lente attraverso cui l’autore non si limita a osservare, ma riorganizza e affina il caos intuitivo, trasformandolo in un gesto carico di significato. Questa coscienza riflettente verifica non solo l’efficacia estetica, ma anche il valore simbolico, sociale e culturale di un’opera, guidando l’intuizione verso una forma consapevole, capace di dialogare con il mondo.


La tecnologia, che offre all'architetto o artista la possibilità di agire in modo istintivo, rischia di accelerare eccessivamente questo processo, privandolo di quella ponderazione che conferisce senso e spessore al gesto creativo. Senza una interpretazione consapevole, il rischio è che le opere architettoniche e artistiche diventino meri esercizi di stile, incapaci di dialogare con il contesto culturale e storico in cui si inseriscono. È dunque necessario uno slancio critico che integri intuizione e cultura, consentendo a tutta l'arte di elevarsi oltre il tecnicismo e la moda passeggera, evitando anche la proliferazione di costruzioni prive di anima, simili a quelle cementificazioni senza identità che spesso vediamo oggi.


La tensione tra intuizione e autocritica


L’arte e l’architettura non si originano esclusivamente dalla progettazione consapevole, ma affondano le radici in un flusso intuitivo, che trae linfa dalle profondità dell’inconscio. Tuttavia, è l’autocritica, quella fase di riflessione in cui l’autore sottopone la propria creazione a un esame spietato, a trasformare l’intuizione grezza in un’opera di valore. La coscienza riflettente agisce come un filtro, selezionando e perfezionando gli elementi significativi, portando l’opera a un livello di coerenza e di innovazione capace di sfidare il tempo.


Non basta "creare"; occorre interrogarsi sulle implicazioni del gesto creativo. Quali archetipi richiama l’opera? Quali materiali scegliere come mezzi tecnici di un "espressione personale riflettente e diffusa" cioè capaci di generare consenso e autenticità? Quali sensazioni o emozioni evoca? Come dialoga con la società, con i luoghi, il contesto, il costruito e la natura? È proprio in questa tensione tra impulso creativo e consapevolezza critica che si manifesta l’autenticità dell’autore. In un’epoca in cui le macchine generative, con i loro vasti archivi culturali, sembrano imitare la creatività, la sfida risiede nel comprendere se queste possano realmente produrre qualcosa di valore innovativo, capace di sfuggire al barocco della ridondanza e di parlare autenticamente al nostro tempo.


Il tempo come criterio di autenticità


Il tempo, elemento imprescindibile per l’arte e l’architettura, è sia giudice che testimone. Un’opera autentica non si riconosce solo per il suo impatto immediato, ma per la sua capacità di attraversare epoche, conservando intatta la propria dualità spazio-temporale. Solo ciò che resiste alla corrosione delle mode effimere può essere considerato autentico. Ma come discernere il valore di un’opera nel presente? È necessario un senso critico autentico, una capacità, da parte dell’autore, di giudicare la propria creazione non sulla base delle aspettative di mercato, ma su un criterio di necessità intrinseca.


Un’opera d’arte o di architettura autentica si percepisce come inevitabile, come qualcosa che non potrebbe essere altro da ciò che è ma non per questo sarà svuotata di quella "complessità e contraddizione basata sulla ricchezza e sull'ambiguità

dell'esperienza moderna" come la definirebbe Robert Venturi; o quella semanticità che per Aristotele era il carattere ottativo o di pura espressività di un discorso o di una preposizione, che non possono essere detti né veri né falsi; o ancora di ciò che rappresenta la sincronicità nel mondo inconscio di Carl Gustav Jung. Questo senso di ineluttabilità poetica è il segno distintivo di un autore consapevole e dotato di visione, capace di restituire al linguaggio creativo quella profondità che il semplice tecnicismo non può offrire.


La sfida del mercato


L’autenticità non può essere subordinata alle dinamiche di mercato, che tendono a premiare ciò che è immediatamente comprensibile o commerciabile. Ridurre l’arte e l’architettura a una questione di vendibilità significa tradirne l’essenza, svuotandole di significato. Al contrario, la coerenza tra gesto, intuizione e consapevolezza è ciò che definisce il valore di un’opera, superando le logiche di consumo. È il creatore consapevole – non il mercato – a determinare la qualità e la rilevanza culturale di un progetto.


Conclusione


La tecnologia non deve essere vista né come una minaccia né come una soluzione definitiva, ma come un potente strumento a disposizione dell’architetto e dell'artista. È nel suo coraggio critico, nella sua capacità di trascendere la tecnica e riscoprire la funzione umanistica dell’architettura e dell'arte, che ci giochiamo il nostro prossimo e comune futuro. Solo attraverso l’integrazione tra intuizione, cultura e autocritica gli architetti e gli artisti potranno tornare a parlare al nostro tempo e a quello che verrà.

 
 
 

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