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AFB - ARS FULGOR BRUTUM: l'arte impressa nello spazio-tempo come lampo primordiale o eco dell’origine

  • Immagine del redattore: Federico Babbo
    Federico Babbo
  • 17 mar
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 18 mar



Nel mio percorso artistico, c'è un gesto ricorrente e quasi rituale: mescolare e rimescolare la materia, graffiarla, scavarla, sempre sullo stesso supporto, fino a riplasmarla in una nuova forma. Questo atto, che emerge come una coscienza riflettente ma istintiva, non è solo un gesto tecnico, ma una ricerca profonda sul rapporto tra creazione, tempo e forma. Da questa esperienza nasce il concetto di Ars Fulgor Brutum (AFB), un'arte che si manifesta come un lampo istintivo, una forza primordiale che plasma il caos in ordine, senza mai perdere il suo carattere selvaggio e intuitivo.


L’Unus Mundus e la creazione come riconnessione


Il mio gesto creativo può essere letto come un ritorno all’Unus Mundus, il principio junghiano che postula un’unità originaria della realtà, un substrato profondo dove psiche e materia coincidono. Ogni segno, ogni graffio sul supporto è una forma di dialogo tra il mio inconscio e la materia pittorica, un tentativo di portare alla luce qualcosa che esiste già, ma in uno stato di latenza. L’atto artistico diventa così un’operazione alchemica, un processo di trasformazione che emerge dallo scontro tra l’istinto primordiale e la struttura finale che lentamente si delinea.


Immaginazione attiva e sublimazione dell’istinto


Nel mio modo di dipingere, non lavoro mai con riferimenti esterni diretti. Anche se mi ispiro a qualcosa o copio un’immagine, il processo non si completa finché non la stravolgo, la distruggo e la ricompongo attraverso il mio segno. Spesso, quando questa distruzione e ricomposizione sembra meno evidente, la mia mente interviene, modificando inconsciamente dettagli che alla fine prendono nuova forma. Usando una frase che Giacometti spesso ripeteva nelle sue interviste — "vengono così perché non sono capace" — mi trovo anch'io a osservare come, in alcuni ritratti, la somiglianza con il volto originario emerga solo dopo un processo di deformazione, dando vita a una figura che, pur essendo diversa, possiede una forte affinità con altre persone significative per me. Questo ricorda il concetto junghiano di immaginazione attiva, dove la coscienza dialoga con l’inconscio attraverso simboli e immagini, in un processo dinamico di creazione e trasformazione.


In parallelo, questo continuo riplasmare e rimescolare la materia richiama la sublimazione freudiana: l’istinto grezzo viene trasformato in un’espressione artistica, senza però perdere la sua energia primordiale. In AFB, l’arte non è mai statica né concettualmente precostituita, ma nasce e si modella nel tempo, seguendo un flusso che è insieme distruzione e creazione.


Materia e tempo: dalla rovina alla costruzione


Questo processo di rielaborazione mi porta a riflettere sul rapporto tra arte e tempo. Ogni opera attraversa uno stato di precarietà, una rovina controllata, prima di trovare la sua coerenza finale. Il graffiare, il sovrapporre strati, il riutilizzare il colore scavato e reimpastato sullo stesso supporto è un atto che richiama la memoria e la sedimentazione della storia. In questo senso, la mia pittura non è un’immagine fissa, ma un campo di forze in continuo assestamento, che si stabilizza solo quando ogni elemento trova il suo posto, quando l’unità della composizione diventa evidente.


Il giardino come luogo sacro e la fusione di materia e tempo


Il mio processo creativo non si limita al gesto artistico, ma si estende al dialogo con il tempo atmosferico e il contesto. Le sculture, realizzate con argilla modellante che si essicca all’aria, sono state esposte all’aperto, sotto la forza degli agenti atmosferici. Tuttavia, l’esperienza più significativa si è compiuta nel giardino, sempre da me ideato, che ospita questi frammenti. Un luogo che, da simbolo di alcuni dei miei dipinti più importanti, è diventato una sorta di sacralità vivente, dove la materia, il tempo e il paesaggio si fondono in un’unica entità. Qui è avvenuto il mio passaggio di testimone poiché la fusione di questa entità continua a mutare in maniera più o meno percettibile stabilendo sempre un nuovo equilibrio armonico o disarmonico e precario.


La scultura "Cupola delle Utopie come luogo sacro universale", posizionata all'esterno nel giardino, ha subito un crollo a causa delle intemperie. Tuttavia, il suo collasso non è stato la fine della sua esistenza, ma un ulteriore atto di trasformazione. I frammenti della cupola sono stati poi da me raccolti, ricomposti e sovrapposti, adattandosi alle radici rigonfie degli ulivi nel giardino. Questi frammenti dipinti, inumiditi dalla pioggia, continuano a modificarsi con il passare del tempo, adattandosi alla crescita delle radici. Si crea un continuo processo di fusione tra la scultura e la natura che le ospita.


Questo adattamento costante suggerisce un contrasto con altre opere, come la mano bronzea di Giuseppe Penone, che stringe l’albero impedendone la libera crescita. La mia scultura, al contrario, non resiste, ma cede al movimento della natura, lasciando che il tempo e gli elementi atmosferici modellino la forma. La natura diventa così un co-creatore, partecipando attivamente alla trasformazione e al significato stesso dell’opera.


La Chimera: il mito e il simbolo della creazione


Nel cuore del mio processo creativo, emerge una figura ricorrente: la Chimera. Un essere ibrido, mutevole, una fusione di elementi diversi che trova il suo senso nell’atto stesso del divenire. Il mito della Chimera affonda le radici nella mitologia greca: nata dall’unione di Tifone ed Echidna, la Chimera era una creatura di fuoco, con testa di leone, corpo di capra e coda di serpente. Era il simbolo stesso dell’impossibile, della commistione di forze inconciliabili, destinate però a coesistere in una sola entità. La sua sconfitta da parte di Bellerofonte, che la uccise con l’inganno, può essere letta come il tentativo della razionalità umana di dominare il caos primordiale, un tema che risuona nella mia pittura, che non si accontenta mai della staticità e della regola fissa.


Non è un caso che questa figura ritorni spesso nel mio lavoro: la Chimera incarna il sogno ardito, la visione impossibile che prende forma nella materia. Ogni volta che la dipingo, la stravolgo, la scarnifico e la ricostruisco, proprio come faccio con i miei sogni, con le mie architetture visionarie e con le mie immagini interiori. È il simbolo perfetto del mio metodo creativo: una creatura che cambia continuamente, senza mai perdere la sua essenza primigenia.


Il timing riflettente e il potere delle sincronicità


Ogni mio lavoro si inserisce anche nel contesto della coscienza riflettente e delle sincronicità che Jung definiva come connessioni significative tra eventi non causalmente collegati. Le opere si rivelano in modo sorprendente e potente a posteriori, dopo anni, come nel caso di Riminescenze Spaziali e del mio incontro con il tumore cerebrale. Questo tumore, che inizialmente sembrava una disconnessione dal mio corpo e dalla mia realtà, si è rivelato in seguito come una profonda connessione con il mio lavoro e il mio processo artistico. La sincronicità ha rivelato come la mia arte e la mia vita fossero interconnesse in modi che non erano immediatamente evidenti, ma che si sono manifestati chiaramente solo quando il tempo e l’esperienza hanno fatto emergere nuovi significati.


La trasformazione del corpo, l’evoluzione della materia e del tempo si manifestano anche in questo contesto. Il tumore, che apparentemente minacciava l’interruzione della mia vita, è diventato un elemento di sublimazione. La mia esperienza fisica si è intrecciata con il significato che avevo attribuito alle forme, alle sculture e alle immagini. Le sincronicità di questi eventi si sono trasformate in una nuova rivelazione, un nuovo capitolo della mia ricerca artistica e personale.


Ars Fulgor Brutum: etimologia e filosofia di un motto


Il motto Ars Fulgor Brutum non è solo un’espressione, ma un manifesto. Ars (arte) non è qualcosa di preordinato, ma un’esplosione di energia che prende forma da un significato ontologico. Fulgor (il lampo) rappresenta l’illuminazione improvvisa, il momento in cui l’idea emerge come una rivelazione travolgente e inarrestabile. Brutum (il primitivo) è l’istinto incontaminato che si manifesta senza filtri, senza giustificazioni razionali.


Questo motto si oppone a ogni creazione artistica ingabbiata in regole preconfezionate. È un’arte che nasce dall’urgenza espressiva, che prende forma rapidamente con mezzi poveri, un’arte che accoglie l’imprevisto e l’errore come parte essenziale del processo. In questo senso, AFB non è solo una filosofia creativa, ma un atto di ribellione contro la sterilizzazione dell’arte. È la celebrazione del gesto istintivo, del segno che graffia, scava, trasforma e infine trova il suo equilibrio nel caos. Celebra quel gesto proprio degli artisti che, nati con tale capacità, possono decidere se usarla o disfarsene. Come dice Munari, "è proprio la tecnica che si può insegnare, non l’arte. L’arte c’è o non c’è."


A contrario, Mario Botta afferma che "architetti non si nasce, ma si diventa." Questo approccio nega l’esistenza di una dote innata e sostiene che l’architettura sia un mestiere da imparare. Io credo che, pur essendo un percorso di crescita, una dote innata sia fondamentale. Tuttavia, la fortuna nella vita gioca il suo ruolo, e il vero artista e architetto riconosce il proprio valore e trova il modo di esprimerlo, proprio come sto cercando di fare io ora.


Conclusione: l’AFB come atto di riconnessione e riconsacrazione identitaria


L’AFB è il luogo in cui l’arte si fa simbolo di un ritorno all’essenza, in cui la destrutturazione non è mai fine a se stessa, ma un atto necessario per generare un nuovo ordine, un equilibrio che è il frutto della sensibilità dell’artista. Non si tratta di disgregare senza scopo, ma di ridisegnare il caos in una forma che lo supera, rendendo visibile l'invisibile e restituendo alla materia un senso che trascende il tempo. È un atto che nasce dall’impulso primordiale e che, attraverso il potere trasformativo dell’artista, restituisce all’opera un carattere di permanente evoluzione.


Ogni creazione è un inizio, una rivelazione che emerge dal disordine, un segno indelebile che non solo conferma l’esistenza dell’artista, ma la rende parte integrante della storia. L’arte, in questa visione, non è solo un atto personale, ma un atto di memoria, un gesto che si fa eco nel tempo e nelle generazioni a venire, dando forma a un’eredità di significato.


In definitiva, l’AFB è un atto di connessione profonda con il principio originario della realtà, un viaggio che attraversa e trasforma il caos, ma che trova il suo scopo nel dare nuova armonia, nuove risposte, nuove forme di esistenza. È un esserci che diventa un lasciare un segno che sfida la temporalità, un modo di imprimere la propria presenza, una creazione che non ha mai fine, ma che inizia ogni volta con una nuova possibilità.


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